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Roma-Virtus del 30/11/08, Mezzogiorno di fuoco all'ombra del Cupolone

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Franz 68
view post Posted on 30/11/2008, 19:43 by: Franz 68

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CITAZIONE (Federico Petroni @ 30/11/2008, 19:17)
SCUSATE IL RITARDO MA MI DOVEVO ANCORA RIPRENDERE

Se il detto “Hope last dies” esiste è per merito del basket. Quale altro sport vi permette di vedere due truppe perdere e vincere svariate volte in un giro di lancette? Quale altro sport permette di alternare strafalcioni a piroette in due secondi? Dopo una partita maschia e convulsa, che impossibile sarebbe raccontare, passata gomito a gomito per trentacinque minuti, finalmente Roma aveva preso il largo con un parziale di 11-2, lasciando la Virtus nelle secche dei sei punti nel quarto. Ad un minuto dal termine, il paniere violato per l’ennesima volta da André Hutson sembrava chiudere sul 69-63 la sfida tra gli sfidanti di sua Maestà Siena. D’un tratto, il blackout. Due pagnotte dalla lunetta di Giovannoni. Tripla mancata da Gabini con chilometri di spazio. Gol sbagliato, gol subito e vendetta dell’ex Righetti con la tripla del meno uno. Uno su due di Jaaber dalla lunetta. Il dio Crono decreta nove secondi.

E poi, lo show della Penelope Nera, quell’Earl Boykins che tesse e disfa la tela non ogni notte, non ogni azione come a Cantù ma nel giro di due secondi. Palla in mano, penetra il Pigmeo. Trova la strada sbarrata da Golia Hutson. Passaggio indietro a Righetti ma, non essendo dotato di occhi sulla nuca, trova le mani di Becirovic. È finita, già il pubblico romano osanna i propri beniamini. Ma la sfera si ribella alle mani di solito a ventosa dello sloveno e torna tra i polpastrelli di Boykins per essere scoccata come un dardo avvelenato verso il ferro. Silenzio. Canestro. Supplementare.

E nel novanta per cento dei casi, quando la truppa in rimonta gioca sulle ali dell’entusiasmo l’overtime, lasciando la rimontata con un pugno di mosche. Al PalaLottomatica la musica è la stessa, quando un giocatore da arena come Giovannoni s’inventa play, segnando in penetrazione o costruendo comode triple per gli ispirati Boykins, Vukcevic e Righetti. Con l’area intasata e la non particolare propensione ad azzeccarci sotto le plance (18/43 da 2), la chiave del “gioco-partita-incontro” della Virtus è stata la mira dalla linea dell’Ave Maria (11/18 da 3, sette delle quali negli ultimi 25’). Ma come non ricordare una volta di più l’apporto tentacolare di Langford in fase di contenimento? Sue infatti la stoppata e le sportellate che suonano la campana di San Pietro.

L’emblema di una Roma leonessa incapace di azzannare alla giugulare è Allan Ray, fenomeno allo stato brado che nei momenti decisivi incappa sempre nella criptonite: 17 punti spettacolari tra incursioni e cannonate da lontano, salvo sparire dal ring nel quarto periodo. Al noto cruccio repesiano della mancanza di un vero play, s’aggiungono le rotazioni accorciate da Brezec azzoppato e da Jennings dietro la lavagna e il mortifero impatto da 0/13 in due tra Gabini e De la Fuente. Senza contare che un Becirovic sì da 5 assist ma scialacquatore di quattro palle nonché sterile per 36’40” lasciava sulle spalle dell’Atlantico Hutson (27 punti, devastante in post basso) l’onere della prova. Troppo poco per non abdicare al ruolo di Delfina di Siena, dopo quattro sconfitte filate.

Troppo poco che però stava per bastare, contro la Bologna bianconera delle venti palle perse (sic). Ormai Boniciolli avrà fatto il callo alla versione luminaria natalizia della sua compagine, in perenne balia di parziali e contro-parziali. Il cilindro zeppo di conigli quanto di fretta, l’attacco ha alternato pregevoli circolazioni di palla e tiri costruiti con precisione ingegneristica a soluzioni individuali o forzate (che oggi entrano ma domani?), specie col Pigmeo in quintetto. Se sette giorni fa ci si chiedeva come correggere il difetto, il nuovo interrogativo, vista la sorprendente vittoria, potrebbe essere come incalanare questo vezzo strutturale in una gestione monopolistica della partita. Traduzione: come dominare, contando per quaranta minuti sulla finalmente energica e corale difesa? Le notti di un coach sono per definizione insonni ma, forse, nella sua carriera, Matteo Boniciolli non ha mai avuto tanta voglia di stare sveglio. La Virtus è grande? Nessun dorma.

BOYKINS. Giudicatelo voi. Io non mi arrischio. Fossile nell’impostazione, sforna 7 assist. Sembra fuori ritmo ma infila canestri pazzeschi e l’ennesimo dentello (in finale di terzo quarto, altro esempio, con zero centesimi sul cronometro). Ci attendiamo evangelicamente molto perché molto gli è stato dato. È la Virtus, nel bene e nel male.
VUKCEVIC 7.5 Letteralmente trascinatore nel terzo quarto, con 8 punti personali e l’insostenibile leggerezza del talento. In difesa è una calamita, in attacco è un meteorite: il 4/4 dall’arco con 7 recuperi parla da sé. Fosforico.
GIOVANNONI 6.5 Imbambolato nel primo tempo, suona la carica con quattro punti di piombo ma soprattutto con quattro assist illuminanti. Gladiatore.
LANGFORD 7 Stesso discorso del brasilero, con la differenza che il texano coloured s’inventa Fred Astaire in difesa contro Becirovic, annullandone molte scorribande. Nervoso all’inizio ma una scaramuccia con lo sloveno fa da detonatore d’un’altra partita sostanziosa da 4/6 dal campo. Ubiquo.
FORD 6.5 Poco produttivo in attacco, soffre in post basso contro Hutson ma tira giù la solita dozzina di rimbalzi. Un assist per Langford in stile Stonerook. Che si stia sempre più trasformando in un 4 pesante?
ARNOLD 6 Torna dall’infortunio, Boniciolli ne limita l’impiego ma si dimostra scattante e presente.
KOPONEN 5 Più lesivo del solito ma troppa era la posta in gioco per soffrire le lune del finnico playmaker.
RIGHETTI 7 Responsabilizzato, onnipresente nei tabellini di ogni quarto, 18 punti finali con il 66.6% dal campo. Alea iacta est.
MALAGOLI s.v. Provocazione: che sia la maledizione di Boniciolli schierare uno in quintetto che dopo qualche secondo non vede più il campo?

Questa settimana avremo quindi un caso Malagoli.... :lol:

Vedo che anche Tu fai fatica ad esprimere giudizi riguardo Boykins. Io mi sono gia esposto, unitamente a Julius da un paio di partite, ed oggi ho tentato di dare una soluzione all'adattamento difensivo delle squadre avversarie alle Sue penetrazioni e più precisamente il Suo tiro in sospensione, mortifero, dai 4 metri e dai 6,25 quando impiegato nel Suo ruolo, naturale, di guardia (il play, nell'enbiei, a parte un paio di casi non è un costruttore di gioco ma un traghettatore di palloni...). Per chiudere, tanto contropiede e transizione dove trovano buoni tiri con i piedi per terra le nostre guardie e finalizzazioni del rimorchio velocissimo (Ford) che abbiamo in squadra.
 
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